Inpgi, via libera alla riforma

La riforma dell’Inpgi è realtà. I ministeri vigilanti hanno dato il “via libera” alle nuove norme ed al provvedimento che introduce il contributo di solidarietà sulle pensioni.

Ministero del Lavoro e delle politiche sociali e ministero dell’Economia hanno comunicato all’ente ieri, 21 febbraio 2017, l’avvenuta approvazione della delibera varata dal Consiglio di amministrazione il 28 settembre 2016.

In una nota, l’istituto di via Nizza evidenzia che «i ministeri, condividendone l’impianto complessivo sul piano sostanziale, hanno dato il via libera agli interventi correttivi del regime previdenziale dell’ente, deliberati per garantire la sostenibilità della gestione nel medio-lungo periodo».

Nel contempo, è stata approvata l’introduzione di un contributo di solidarietà da applicare, in via temporanea e per la durata di 3 anni, a tutti i trattamenti di pensione erogati dall’Inpgi con importo pari o superiore a 38mila euro lordi annui, con percentuali crescenti in base alle diverse fasce reddituali.

Tra le misure principali approvate dai ministeri ci sono la modifica dei requisiti di accesso alla pensione di vecchiaia (che vede incrementare, progressivamente nel triennio 2017-2019, l’età anagrafica richiesta, fino ad elevarla a regime a 66 anni e 7 mesi) e la modifica dei requisiti di accesso alla pensione di anzianità, che prevede un progressivo innalzamento dell’anzianità contributiva fino ad arrivare nel 2019 a 40 di contribuzione con 62 anni di età. Misure, queste, che non hanno effetto nei confronti di coloro che, alla data del 31 dicembre 2016, abbiano già maturato i requisiti previsti dalla normativa previgente per l’accesso ad un qualunque trattamento di pensione, e che – pertanto – potranno continuare ad accedere ai trattamenti pensionistici in qualsiasi momento anche successivamente all’entrata in vigore dei nuovi requisiti.

Via libera poi all’introduzione del sistema di calcolo contributivo per le contribuzioni successive al primo gennaio 2017 e all’istituzione di un contributo aggiuntivo di disoccupazione dell’1.4% a decorrere dal mese di febbraio 2017 per i rapporti a termine, a carico del datore di lavoro e riferito ai soli rapporti di lavoro a tempo determinato instaurati per causali diverse della sostituzione di personale temporaneamente assente.

«In merito ad alcune misure di minore impatto – prosegue l’Inpgi – i ministeri hanno ritenuto di non procedere con l’approvazione ma di chiedere ulteriori elementi di precisazione. In particolare, per quanto riguarda le clausole di salvaguardia che avrebbero consentito l’accesso anche con abbattimenti alla pensione di vecchiaia e di anzianità, con i requisiti previsti dalla previgente normativa, dei giornalisti e delle giornaliste che, a seguito della cessazione del rapporto di lavoro, fossero stati ammessi alla prosecuzione volontaria della contribuzione oppure dipendenti da aziende in stato di crisi, ovvero disoccupati per cessazione del rapporto di lavoro da aziende in crisi, i ministeri si sono riservati di valutare i relativi impatti sull’andamento dei contri dell’ente».

«Il percorso di risanamento dell’Inpgi – ha commentato la presidente Marina Macelloni – è partito. La riforma consentirà all’istituto di garantire la sostenibilità dei conti nel lungo periodo e quindi di rimanere anche in tempi difficili un presidio autonomo a tutela dell’informazione in Italia. L’Inpgi non fallirà, non sarà commissariato né tantomeno confluirà nell’Inps. Questo obiettivo importante è stato raggiunto grazie al lavoro e al senso di responsabilità di tanti. Voglio ringraziare il Consiglio di amministrazione, le parti sociali Fnsi e Fieg e la struttura tecnica dell’istituto guidata dalla direttrice generale, Mimma Iorio».

Per il segretario generale della Fnsi, Raffaele Lorusso, «il via libera dei ministeri alla manovra di riequilibrio approvata dal Cda nel settembre scorso rappresenta un momento di chiarezza sul futuro dell’Inpgi, smentendo i profeti di sventura che si esercitano sulle sorti dell’istituto. L’auspicio è che il governo utilizzi la severità con cui ha preteso l’inasprimento delle regole dell’Inpgi, a cominciare dall’età pensionabile, per definire i criteri di accesso delle aziende editoriali agli stati di crisi e agli ammortizzatori sociali. Non è più pensabile che l’Inpgi venga utilizzato come un bancomat dagli editori, in un quadro generale caratterizzato da un governo sostanzialmente disinteressato ai problemi del precariato dilagante e del lavoro senza diritti. Una situazione inaccettabile perché nega il futuro a generazioni di giornalisti e, senza adeguati correttivi in sede normativa, a cominciare dai decreti attuativi della legge sull’editoria, rischia di avere effetti devastanti per il mondo dell’informazione e per gli istituti della categoria, rendendo inutile la riforma previdenziale appena approvata».