Richieste di risarcimento e carenze degli editori, quando la ‘schiena dritta’ diventa un problema

Fare il giornalista con la schiena dritta è sempre più difficile. Più che le minacce e il carcere, a preoccupare questa categoria di professionisti, sono i processi civili e le richieste risarcitorie che vengono chieste da chi è sentito diffamato. Il percorso giudiziario, infatti, può sfociare anche nel pignoramento di tutto ciò che si possiede.
Può anche accadere che i tempi che passano tra sentenza, pignoramento ed esecuzione, possono diventare molto brevi e ti ritrovi sul lastrico dall’oggi al domani.
Questo non è un ragionamento ipotetico ma la storia del collega di Fabio Di Chio, un cronista vero che, dopo aver raccontato per anni i fatti del litorale di Ostia, arrivò a Campobasso come responsabile della pagina regionale del quotidiano Il Tempo, per poi far ritorno a Roma nella sede centrale del giornale fondato da Renato Angiolillo.
Nelle settimane scorse, Di Chio, premiato con il “Segno del cronista” del sindacato cronisti romani, si è visto pignorato il conto in banca. La causa? Il giornale dove lavorava, né prima né dopo il licenziamento, ha rimosso dal web un suo articolo ritenuto diffamatorio da una persona. Eppure, il giornale, con l’avallo della FIEG, si era impegnato a farsi carico dei costi delle eventuali controversie o liti derivanti dall’attività svolta dal giornalista fino al giorno della conclusione del rapporto di lavoro. Anche dopo il licenziamento, Di Chio aveva chiesto in tutti i modi la rimozione dell’articolo incriminato sul web, ma nessuno se ne è occupato. Intanto, la denuncia per diffamazione è andata avanti. Il giudice, dopo aver visto la richiesta risarcitoria, pur ritenendo fondamentalmente corretto l’articolo, ha condannato Di Chio per non averlo rimosso. Una procedura che, però, toccava al giornale. I legali del collega hanno presentato appello ma, intanto, il conto è stato sequestrato pur in presenza di buone notizie del processo penale, che ha fatto un suo percorso autonomo, arrivando alla conclusione che la diffamazione non sussiste.
La vicenda ripropone le preoccupazioni del sindacato dei giornalisti del Molise, che ha denunciato la precarietà di molti giornalisti malpagati e privi di ogni tutela. Il rischio non è solo quello di doversi pagare l’avvocato per essere difesi, ma anche quello di corrispondere ingenti somme in presenza di una condanna per diffamazione.